Gli ultimi episodi di cronaca ci hanno spinto all’amara constatazione che la possibilità del parto in anonimato, in Italia, è pressoché sconosciuta.

Parallelamente rileviamo quanto la scelta di una donna venga giudicata a priori e osteggiata dai più, ma la donna è l’altra protagonista /soggetto da tutelare da queste narrazioni, non cattiva antagonista.

I recenti fatti di cronaca ci spingono ad interrogarci su cosa stia accadendo, su quanto i diritti di scelta delle donne (primo fra tutti l’anonimato) non siano stati rispettati nella narrazione della stampa e dal tam tam social-mediatico. Una narrazione morbosamente concentrata sui dettagli piuttosto che sulla tutela delle persone coinvolte: i neonati e le donne da cui sono nati.

Nel parto in anonimato, quali diritti per la donna e per il bambino?

Come comunità professionale di un principio ci facciamo sempre garanti, “il superiore interesse dei minori”, ma questo non significa cancellare il diritto di scelta delle donne ed il rispetto a loro (a noi) dovuto.

Tra tutte le parole dette in questi giorni, quali sono quelle che rivolgiamo alle donne che incontriamo nei nostri consultori, nei nostri Ospedali, nei nostri servizi?

Non tutte le donne riescono ad accogliere la loro maternità, per una complessità di motivazioni, che occorre saper ascoltare, comprendere, riconoscere e accogliere.

Le culle termiche sono le moderne e dirette discendenti delle antiche “ruote per gli esposti”, sono una modalità a cui una donna può ricorrere per lasciare il neonato in un luogo sicuro, ma, come comunità professionale lo esprimiamo con forza, devono essere una possibilità residuale perché non consentono di aiutare e supportare la donna nella sua decisione, supporto che è invece garantito con il parto in anonimato.

Dal 2000 la legge italiana (DPR 396/2000) garantisce a tutte le donne (italiane e straniere, anche irregolari sul territorio italiano) e in tutti gli ospedali la possibilità di partorire in anonimato e in sicurezza, per se stesse e per il nascituro, ricevendo quindi assistenza sanitaria gratuita per entrambi.

Il contesto ospedaliero diventa dunque il luogo, adeguato e sicuro, dove vengono preservati la salute e i diritti di due persone: la donna e il bambino, ognuno portatore di diritti ed esigenze specifiche.

Il luogo dove le donne vengono accolte in assoluta riservatezza e in assenza d pregiudizi, dove un’assistente sociale le accompagnerà a prendere una decisione consapevole e saranno informate sulle forme di tutela spettanti e sulle risorse territoriali disponibili, anche qualora la decisione ultima fosse eventualmente differente.

Viene spiegato anche che, con il loro consenso, compiuti i 25 anni il bambino avrà la possibilità di chiedere l’accesso alle informazioni sulle proprie origini, possibilità che non avrebbe se fosse lasciato nella culla termica.

Rispettando la volontà della donna ed il suo diritto all’oblio, la dichiarazione di nascita del neonato è resa dal medico o dall’ostetrica presso lo Stato Civile del Comune di nascita entro 10 giorni dal parto. Nell’atto di nascita viene indicato “nato da donna che non vuole essere nominata” ed il nome e cognome del bambino verranno attribuiti dall’anagrafe al momento della registrazione.

L’Ospedale ha l’obbligo di segnalare il neonato non riconosciuto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, per l’apertura del procedimento di adottabilità; il Tribunale procede con la dichiarazione di adottabilità ed individua la coppia adottiva che si recherà in ospedale a conoscere il neonato, supportata dal personale di reparto, fino alla sua dimissione.

La narrazione di queste ultime settimane ha portato tutti a percepire il non riconoscimento dei neonati come un fenomeno in aumento, in realtà, i dati relativi ai provvedimenti in materia di adozione nazionale dei Tribunali per i Minorenni Italiani1 indicano una diminuzione a livello regionale e nazionale nel periodo di osservazione (2001-2021).

Tab. 1 – Dichiarazioni di adottabilità di minori con genitori ignoti negli anni dal 2001 al 2021

2001 2021
Italia 327 173
Lombardia (Trib. minori MI e BS) 87 40

Il nostro Ordine si sta interrogando su come poter intercettare tempestivamente la fragilità materna, anche attraverso un confronto ed una riflessione congiunta con le altre figure professionali che per primi incontrano questa tipologia di situazioni e su come l’informazione sul parto in anonimato possa raggiungere più donne possibili.

In Lombardia, in passato, sono state promosse diverse iniziative e attività formative su questi temi, si pensi per esempio al progetto Madre Segreta promosso dalla Provincia di Milano (attivo dal 1996 al 2015) per contrastare l’abbandono traumatico dei neonati, progetto da 8 anni non finanziato.

Se condividiamo la commozione nel leggere la solitudine di una donna che ha vissuto la gravidanza ed il parto da sola, la preoccupazione anticipa la nostra commozione, perché questa solitudine ha messo a rischio due vite, rischio che sarebbe stato nullo in un ospedale e perché questa solitudine non è stata vista e accolta nei nove mesi precedenti.

Per noi, per la nostra comunità professionale, essere a fianco delle donne e dei loro bambini, significa soprattutto garantir loro sostegno, informazioni e accoglienza non giudicante.

Se il DPR 396/2000 pone molta attenzione alla libera scelta della donna e al suo anonimato, non può poi esserci una caccia alle streghe mediatica con proposte di aiuto fittizie e tardive e non può accadere, non possiamo permettere che accada, che la scelta adottiva venga degradata ad una genitorialità imperfetta perché priva di un DNA in comune.

Gli strumenti per proteggere i neonati e le donne esistono ma sono poco conosciuti.

Sarebbero ancora più efficaci se fossero narrati rispettando i protagonisti e le loro scelte. Perché anche i bambini non riconosciuti crescono e cercheranno sui media la loro storia, storia che non dovrebbe iniziare con le parole di chi non sa, ma giudica.

INFO sul Parto in Anonimato – Ministero della salute

___________________

Note:

1. Registrati dal Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità – Direzione Generale di Statistica e Analisi organizzativa (aggiornati ad aprile 2022)