LA CONTINUITA’ DI UNA ESPERIENZA, DI UNO “STILE  PROFESSIONALE”

Nei primi anni ’80 l’Ospedale di Niguarda era ormai un riferimento non solo per i ragazzi tossicodipendenti, ma anche per la formazione di operatori:  medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali che si accingevano ad operare nei servizi  per la cura e il trattamento e la riabilitazione  di coloro che avevano sviluppato delle dipendenze da sostanze stupefacenti.

Fu’ proprio il “tirocinio di specializzazione” promosso dall’Ospedale di Niguarda e nel concreto organizzato e supervisionato dalla Assistente Sociale  Renata Redaelli, la motivazione che mi portò a frequentare per un certo periodo il “Presidio metadonico di Niguarda”.

L’impatto con Renata Redaelli, una assistente sociale “pioniere” di questo ambito, che trasmetteva passione per il suo lavoro e che l’esperienza  l’aveva portata a definire un proprio “stile professionale” ,se da un lato stimolava i miei primi passi lavorativi (avevo da pochi mesi concluso gli studi di assistente sociale), dall’altro mi incuteva una sorte di soggezione. Dovevo confrontarmi con una collega   che era un “gigante” per la professione degli assistenti sociali e che aveva una tale competenza da essere divenuta a quei tempi  una  consulente  per l’Assessorato alla Sanità.

Il suo impegno professionale, la sua capacità di individuare delle modalità di intervento inedito  sono state le leve che mi hanno spinto ad occuparmi prima, dei tossicodipendenti e poi dei malati di aids nella fase terminale, con uno sguardo nuovo, diverso, alla ricerca di “modelli innovativi”.

La  “Rete Nazionale degli Assistenti Sociali in cure palliative”(progetto “dialogico” che coinvolge gli assistenti sociali di tutto il territorio nazionale impegnati nelle cure palliative, finalizzato a promuovere processi per una  maggiore integrazione socio-sanitaria all’interno delle èquipe c.p. , che  concorre con gli operatori sanitari a migliorare la qualità di vita del morente), risente molto di quello  stile professionale che ha caratterizzato la storia lavorativa di Renata Redaelli.

Questa  mia riflessione non vuole soltanto essere un elogio ad una collega che ha contribuito in modo incisivo allo sviluppo di servizi socio-sanitari  dedicati alle tossicodipendenze, ma ritengo che la sua esperienza possa essere un modello, “uno stile professionale” che permetta ancora oggi di affrontare efficacemente i  complessi bisogni sociosanitari che incontriamo nei nostri Servizi.

 

Anna Maria Russo

Referente e promotrice della Rete Nazionale Assistenti Sociali in cure palliative.

 

Leggi l’articolo di Chiara Baldi su “La Stampa”