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Grande successo per il Convegno “Welfare è cultura” che si è tenuto il 6 ottobre 2023 a Brescia.
Oltre 200 partecipanti, 15 relatori, 4 sessioni di discussione e la partecipazione convinta della Ministra per la disabilità on. Locatelli. A coronamento della giornata, lo spettacolo teatrale “Fine pena ora” offerto dal nostro Ordine a tutti gli iscritti.

Ampi apprezzamenti da parte di tutti per una giornata che ha messo al centro il tema della cultura del nostro welfare e del welfare culturale, intrecciando contributi teorici multidisciplinari ad esperienze sul campo in tanti settori diversi, dal museo al teatro ai parchi pubblici… tanti punti di vista diversi ma tutti ben integrati e coerenti, che hanno messo in luce la maturità di una professione in cambiamento, pronta a deperimetrarsi e a reinventarsi per essere coerente con il proprio mandato sociale.

Come ha affermato la Presidente Zaltieri, una bella occasione per agire il ruolo politico della professione e in cui il nostro Ordine Regionale, con l’Ordine Nazionale e la Fondazione Nazionale degli Assistenti Sociali, si è posto in prima linea nel delineare le politiche sociali necessarie per un welfare accogliente e promozionale, in grado di agire sui contesti ambientali e collettivi e non solo singolarmente sugli individui.

Il programma era molto intenso. Gli spunti di riflessione che sono emersi sono stati veramente tanti e ogni partecipante è tornato a casa con qualche idea in più. Per non disperdere tutto questo patrimonio (la registrazione è comunque disponibile su facebook) vogliamo sintetizzare alcuni punti che ci sono parsi di particolare interesse.

Ricerca di senso e lavoro di cura – prof. Pelligra

Il welfare fa la cultura ma la cultura fa il welfare: il prof. Pelligra ha spiegato in che modo il pensiero dominante influenza le scelte in materia di welfare e perchè ancora oggi abbiamo un approccio “caritatevole” al tema della povertà. Ha poi spiegato i motivi storici e culturali per cui il lavoro di cura viene dato per scontato e non viene valorizzato.

Verso un welfare culturale: una definizione di campo – prof. Andorlini

Il prof. Andorlini del Cultural Welfare Center ha dato una definizione di welfare culturale, approfondendo il rapporto tra cultura, welfare e inclusione, con particolare riferimento al tema della salute. Partendo dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha chiarito quali sono le evidenze scientifiche che misurano il benessere sociale prodotto dalla cultura e ha portato alcuni esempi italiani (per esempio i medici di base che ricevono i pazienti all’interno del Museo Egizio di Torino).

Il servizio sociale per la promozione della cultura come strumento di inclusione – prof.ssa Sanfelici

La prof.ssa Sanfelici ha argomentato l’esigenza di passare da una cultura di welfare orientata al singolo, inteso come soggetto bisognoso, ad una cultura di welfare che lavora con il territorio per creare le condizioni di riscatto ed emancipazione per le persone che nascono in situazione di svantaggio. Infatti non c’è “il povero” o “il fragile” perchè siamo tutti vulnerabili. Ma le condizioni di partenza sono molto diverse e se vogliamo “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” come ci chiede la Costituzione, anche noi assistenti sociali dobbiamo intervenire sui contesti di vita, lavorando con e per la comunità.

Tavola rotonda dei politici
Ci è dispiaciuto che l’assessore Lucchini all’ultimo non sia riuscita a partecipare, ma la aspettiamo senz’altro alla prossima occasione perchè sappiamo che è attenta al nostro mondo. Abbiamo registrato interesse da parte di tutti i rappresentanti regionali presenti a lavorare per una nuova cultura di welfare, coinvolgendo il nostro Ordine in quanto soggetto rappresentativo della professione e dei Servizi di tutta la Lombardia.
Presentazione delle esperienze
Molto interessante constatare che gli scenari delineati non sono tutti da costruire, ma ci sono già esperienze attive in tal senso in tutta Italia: dal teatro, utilizzato nel carcere minorile di Catanzaro per aiutare i ragazzi a “uscire dal proprio ruolo” (slide), alle opere d’arte che l’Accademia Carrara di Bergamo utilizza con le persone affette da Alzheimer e i loro familiari (slide), dal parco di Albano Laziale restituito alla collettività da un’azione collettiva imperniata sull’opera delle persone con disturbi mentali (slide), al lavoro di comunità portato avanti dall’Ambito della Bassa Bresciana (slide).
Intervento della Ministra per le disabilità Alessandra Locatelli
Siamo stati lieti che la ministra Locatelli abbia accolto in nostro invito a partecipare a questa giornata esprimendo la sua vicinanza alla professione. A lei abbiamo rivolto la nostra richiesta a presidiare la prossima la prossima legge di bilancio, per evitare che “casualmente” spariscano proprio le risorse destinate alle fasce più deboli della popolazione e sul sociale. Come ha detto il Presidente Gazzi, “per favore, non tagliate su di noi”.
La cultura e le arti come strumento per la formazione degli assistenti sociali
La prof.ssa Cabiati ha illustrato che l’utilizzo di linguaggi artistici (es. teatro) per la formazione degli assistenti sociali produce principalmente tre risultati: l’espressione, l’avvicinamento empatico e la rottura. Infatti l’arte aiuta le persone a “tirar fuori” ma anche ad andare in profondità, coinvolgendo la dimensione emotiva della persona; aiuta ad avvicinarsi alla condizione dell’altro, “come se” fossero i nostri, e permette di superare le rigidità di pensiero, gli schemi precostituiti e gli automatismi.
Simone Schinocca, che si definisce un “assistente sociale teatrante”, spiega in che modo ha intrecciato lavoro e passione, arrivando a esercitare la sua professione proprio all’interno di un teatro, utilizzando questo linguaggio per portare in scena i temi cari alla professione (essere “sentinelle delle ingiustizie”) e per creare inedite occasioni di incontro e riflessione.

E poi lo spettacolo…

Dopo una giornata in cui abbiamo discusso del welfare culturale, ci è sembrato il coronamento ideale offrire a tutti i presenti uno spettacolo teatrale “Fine pena ora“, che in modo toccante e profondo ha messo in scena la corrispondenza che si sono scambiati per quasi quarant’anni un ergastolano e il suo giudice. Uno spettacolo prodotto proprio dalla compagnia di Schinocca.